LEI -PO
L'avevo in
sospetto.
Mi lavorava
dentro.
Mi sconvolgeva
la routine
d'ape operaia.
Frequentarla è
un lusso
- mi dicevo -
fuori della mia
portata.
M' esigeva
complice e
scaltra.
M'esortava
a praticare
scomputi di tempo
che non credevo
mio.
E io?
Io non
tolleravo
i rimorsi di
coscienza.
Vivevo-campavo
così - attaccata alla mia zolla-
- senza
peraltro avvertire sicurezza -
paurosa che
ogni aria
di parola piena
volesse
intrufolarsi
nella mente
moltiplicando
ingovernata
sensi ed
accezioni
o
potesse dar
vento
ai quesiti
censurati
chiusi in
cantina di decantazione.
Quando cedette
la mia gleba,
fu proprio lei
a sostenermi
perchè non
franassi anch'io.
Ma non mi
risparmiò
la vertigine
del volo.
Ora son qua
a tentare i
miei voletti
- con e senza
rete -
E
invoco Lei per
l'approvazione
che
in via
provvisoria
talora mi
concede.
Talaltra volta
il prolungato
suo silenzio mi
sgomenta.
Annaspo
timorosa d'averla
- per sbaglio –
chiusa fuori
- o peggio -
uccisa per
strangolamento.
Cerco.
E la trovo
allora
nella notte mia
più fonda,
nella ferita
mia
che geme come
nuova.
La scorgo
ancora là
- alta e
lontana-
dove regna
indiscussa
ostensa a cielo
aperto.
Ma è come se
non la
riconoscessi.
Dalla Prefazione di Valeria Pala
«Filosofia e poesia, accostate spesso con intento
ironico in alcuni componimenti, sono entrambe forme gnoseologiche, ma la prima
offre una rappresentazione perlustrante, neutra e socializzabile dell’uomo
nella sua accezione minore, mentre la seconda, mettendo esplicitamente in
discussione le false certezze del soggetto cartesiano e del soggetto epicureo
modernamente intesi, si configura come senso assoluto, incomunicabile e alieno
rispetto alla giurisdizione dell’umano. Proprio in virtù di questo la poesia,
paradossalmente,è più atta a risarcire e a mitigare il dolore universale di
fronte alla ferocia dell’esistenza… »
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